lunedì 30 dicembre 2013

DOPO LA GARA...UN BUON MASSAGGIO!!!!!!!


DOPO LA GARA UN BUON MASSAGGIO.....

- Rilassa la muscolatura contratta
- Migliora la circolazione
- Favorisce il ricambio metabolico
- Agevola il drenaggio delle tossine prodotte durante lo sforzo

- Aumenta l’ossigenazione dei tessuti
- Accelera i tempi di recupero
- Produce effetti benefici sul sistema nervoso, favorendo un senso di rilassamento


Il massaggio di tipo sportivo (molto differente dal classico massaggio rilassante) è utile prima di un impegno muscolare gravoso, al termine dell’impegno stesso, in occasione di una gara, nei giorni di scarico e quando si percepisce la necessità di ottenere un migliore stato di rilassamento.

I benefici sono molteplici e possiamo sintetizzarli in questo modo:

Benefici sui muscoli:
stimola l’attività elettrica nelle fibre muscolari e favorisce l’ossigenazione e il recupero del muscolo. Aiuta a ripristinare il tono muscolare dopo carichi di lavoro importanti.Migliora inoltre l’elasticità e dona alle articolazioni maggiore mobilità

Benefici sulla pelle:
massaggiando la pelle viene stimolato il sistema nervoso centrale, si eliminano le cellule morte, viene aumentata la traspirazione e migliorata la circolazione.

Benefici sulla circolazione sanguigna:
l’azione del massaggio determina la produzione di istamina che attiva la vasodilatazione aumentando l’apporto di sangue. La maggiore vascolarizzazione determina altresì una maggiore ossigenazione dei tessuti.

Benefici sul sistema nervoso:
a prescindere da come viene praticato, il massaggio svolge un ruolo basilare per la riduzione del dolore.

domenica 22 dicembre 2013

I MUSCOLI DELLA RESPIRAZIONE e la respirazione


I MUSCOLI della respirazione E LA RESPIRAZIONE

La respirazione è una delle funzioni più importanti del nostro corpo e non può essere interrotta che per poco tempo (circa 3 minuti) senza riceverne danno.

Durante l'esercizio fisico l'apparato respiratorio deve far fronte all'aumentata esigenza dell'organismo di assumere ossigeno ed eliminare anidride carbonica. A tal fine, mediante un incremento della frequenza e della profondità del respiro, la ventilazione polmonare aumenta pressoché linearmente con il carico del lavoro. La ventilazione polmonare, consiste nell'immissione (inspirazione) e nella emissione (espirazione) di aria ed anidride carbonica attraverso gli alveoli polmonari.

Fatta questa premessa, passiamo ad elencare tutti gli organi che compongono l'apparato respiratorio ed analizzare i muscoli che consentono la funzione respiratoria.

L'apparato respiratorio è costituito dai seguenti organi: il naso, le fosse nasali, la faringe, la laringe, la trachea, i bronchi, i polmoni.

Per quanto riguarda i muscoli della respirazione, possiamo distinguere due categorie, quella dei muscoli inspiratori che contraendosi elevano le costole e lo sterno consentendo l'inspirazione e quelli espiratori che abbassano le costole e lo sterno (espirazione).
In queste due categorie si distinguono oltre ai muscoli principali, quelli accessori che intervengono quando si compiono atti inspiratori ed espiratori particolarmente ampi.
Tra i muscoli inspiratori accessori abbiamo gli sternocleidomastoidei, gli scaleni, i pettorali, il piccolo ed il grande dentato e le fibre superiori del sacro-lombare. Tra i muscoli espiratori accessori, che condizionano particolarmente l'espirazione, notiamo il retto dell'addome, il piccolo ed il grande obliquo, il sacro-lombare, il margine infero-posteriore del piccolo dentato, il dorsale lungo ed il quadrato dei lombi.
Osserviamo i muscoli principali della respirazione, i punti di inserzione e la loro funzione contrattile.
I muscoli inspiratori principali, nella contrazione elevano le costole e lo sterno, tra questi i più importanti sono il DIAFRAMMA e gli intercostali esterni.
Il DIAFRAMMA, consente da solo i due terzi della funzione inspiratoria, si può definire come una larga lamina muscolare posizionata trasversalmente nel busto, separa la regione toracica da quella addominale, si inserisce anteriormente, sul margine interno delle costole e delle rispettive cartilagini costali, mentre posteriormente si inserisce sulla superficie anteriore del corpo della II, III e IV vertebra lombare, con dei distinti fasci muscolari denominati pilastri. Nella sua contrazione ha una funzione inspiratoria e contemporaneamente agisce come muscolo compressore dei visceri dell'addome.
Gli intercostali esterni, riempiono gli spazi esistenti tra le costole, le fibre di questi muscoli, hanno un decorso latero-mediale. Durante la contrazione espandono la gabbia toracica consentendo una più ampia ventilazione polmonare.
Per quanto riguarda i muscoli espiratori principali, abbiamo soltanto gli intercostali interni, le cui fibre occupano come gli intercostali esterni, gli spazi esistenti tra le costole, seguendo un decorso inverso (medio-laterale) e contraendosi restringono la gabbia toracica facilitando l'espirazione.


 E' bene specificare che l'espirazione normale è una azione passiva, determinata dall'elasticità del parenchima (membrana che riveste i polmoni), dalle strutture osteo-cartilaginee che consentono il restringimento del torace e dalla forza di gravità che agisce sulle costole abbassandole, grazie al loro peso.

Concludendo, allora, una corretta respirazione nell'attività motoria è presupposto per l'ottimale sfruttamento delle potenzialità vitali. E' utile in caso di blocco del DIAFRAMMA eseguire dei massaggi addominali e facendo eseguire degli esercizi.....

martedì 17 dicembre 2013

LA PERIOSTITE TIBIALE

LA PERIOSTITE TIBIALE

La periostite della tibia

La periostite è l’infiammazione acuta del periostio, ovvero la membrana di tessuto connettivo che ricopre l’osso, solitamente la tibia.
La parte colpita è quella in cui si inseriscono i muscoli: tibiale posteriore e soleo, le altre aree dell’osso non sono dolorose.
Le fitte sono molto intense perché il periostio è riccamente innervato, per usare dei termini comprensibili a tutti è come un “calcio nello stinco”.
Diverso è il caso della periostite infettiva, causata da un infezione generalmente batterica che sarà trattata con antibiotici o farmaci specifici per la patologia del paziente.

Quali sono le cause della periositite?
I soggetti colpiti nella stragrande maggioranza dei casi sono corridori: podisti o velocisti, ma in certi casi la periostite interessa calciatori, cestisti e altri sportivi che corrono molto.
Gli atleti creano un sovraccarico funzionale su questa struttura, a livello posteriore e interno della tibia.
L’infiammazione del periostio può avvenire anche in seguito a traumi diretti sull’osso.
Il tibiale posteriore è un supinatore, quindi è un muscolo fondamentale nei movimenti del piede per l’equilibrio e la correzione della postura.
Gli atleti che soffrono di più per questo problema sono quelli che hanno un piede cavo e pronato perché mantengono in stiramento il muscolo tibiale posteriore nella fase dinamica della corsa.
La periostite colpisce soprattutto durante i periodi in cui c’è un forte incremento dei km percorsi o della velocità, inoltre si può avvertire alla ripresa degli allenamenti dopo una pausa.
Altri fattori che favoriscono la comparsa della patologia sono:

le calzature non adeguate
la corsa in discesa
terreno di gioco troppo duro
obesità
eterometria degli arti inferiori (lunghezza diversa).


Quali sono i sintomi della periostite?
Il dolore può iniziare dopo un trauma oppure con il sovraccarico, simile ad una tendinite, i sintomi possono variare in base alla causa.
Gli atleti hanno un dolore che inizia ad intensità ridotta, ma con il passare del tempo, cresce progressivamente fino a diventare insopportabile e pungente, inoltre si può presentare anche di notte.
Il sintomo principale è il dolore nella regione centrale e interna della tibia, può colpire solo una gamba, ma può essere bilaterale.
Durante i movimenti di flessione plantare, correndo e saltando si avverte molto più intensamente, a riposo c’è un deciso miglioramento.
Il dolore viene accentuato premendo sull’area infiammata.

Quali sono gli esami strumentali indicati per la periostite?

La radiografia riesce ad evidenziare delle anomalie del periostio e della tibia, mentre la scintigrafia ossea permette di escludere altre patologie, per esempio quelle oncologiche o le microfratture da stress.
Si può eseguire una Risonanza magnetica che mostra un eventuale edema dell’osso.

Cosa fare? Qual’è la terapia per la periostite?

In fase acuta la cura migliore è la crioterapia e il riposo funzionale, è fondamentale interrompere le attività sportivi prima che la periostite diventi cronica.
Dopo i primi 2/3 giorni, bisogna capire qual’é l’origine del problema per eliminare la causa e non solo i sintomi, altrimenti, alla ripresa degli allenamenti c’è il rischio di recidiva.
Bisogna quindi capire se c’è un piede cavo e pronato, se il paziente ha una marcata ipotrofia dei muscoli: soleo e tibiale posteriore, (IN QUESTO CASO FONDAMENTALE SONO I MASSAGGI) oppure se ha esagerato con l’allenamento su terreni duri e in pendenza.
Kinesio Taping 
Se la causa del disturbo è il tipo di allenamento bisogna apportare delle modifiche per sovraccaricare meno il periostio tibiale o applicare il taping adatto.
Nella maggior parte dei casi la periostite è causata da eccessive tensioni del tessuto connettivo causate da traumi pregressi come distorsioni di caviglia, cadute, ecc., questi eventi provocano l’alterazione delle fibre collagene con la formazione di aderenze connettivali.
Se il tessuto connettivo, legamentoso, muscolare e tendineo sono accorciati o retratti, provocano una trazione anomala sulla tibia e sulle ossa del piede, di conseguenza può capitare un difetto dell’appoggio del piede; in questi casi la terapia manuale elimina la causa del problema lavorando a monte. 

La Stanchezza muscolare nell'atleta

La stanchezza muscolare:
 è una condizione di debolezza dei muscoli che causa riduzione della forza e spossatezza. Non è una patologia ma un sintomo o una condizione che deriva da molteplici cause. In caso di soggetto sportivo può essere dovuta a un eccessivo allenamento che causa disidratazione, aumento eccessivo della temperatura corporea, eccesso di produzione di acido lattico ed esaurimento delle scorte energetiche del muscolo. In caso di soggetti non sportivi invece può essere determinata da condizioni patologiche come la febbre influenzale e gli abbassamenti pressori, da condizioni fisiologiche come la gravidanza o la menopausa, e da condizioni relative alla posizione assunta durante il giorno.
 Quando si soffre di stanchezza muscolare è bene fare alcuni esami specifici per comprendere se deriva da patologie particolari come una carenza di ferro o patologie tiroidee, o da sovraffaticamento muscolare. La stanchezza cronica della muscolatura del corpo è anche uno dei principali sintomi di alcune patologie muscolari degenerative, autoimmuni e virali. 
Le cure della stanchezza muscolare possono essere naturali, attraverso il semplice riposo, l’applicazione del ghiaccio e specialmente il massaggio. 

Per prevenirla bisogna fare attenzione all’alimentazione e fare in modo che sia ricca di vitamine e Sali minerali.

La stanchezza muscolare è un sintomo, ma quali sono le cause?
La stanchezza muscolare può essere definita come uno stato di spossatezza e debolezza generale che si accompagna ad astenia, cioè alla riduzione della forza muscolare e quindi si tenderà a fare movimenti lenti, incompleti ed eseguiti con poca energia. La spossatezza muscolare è una condizione che si può verificare sia negli atleti che sono sottoposti ad un sovra allenamento, sia nei soggetti non sportivi come manifestazione secondaria di patologie o di condizioni morbose. Non è una vera e propria patologia, sebbene possa derivare da patologie di cui parleremo in seguito, ma è una condizione che può essere risolta individuando ed eliminando la causa scatenante.
Cause della stanchezza muscolare negli sportivi.
La stanchezza muscolare può colpire anche sportivi ben allenati, ci sono infatti situazioni che possono provocare l’affaticamento muscolare tra queste le più comuni sono: allenamenti troppo intensi a cui non fanno seguito i giusti tempo di riposo, alimentazione squilibrata, o per lo meno non adeguata ai livelli di attività fisica che si svolge, ore di sonno insufficienti. Scoprire a cosa sia dovuto l’affaticamento è indispensabile per potervi porre rimedio in modo definitivo.
Tra le cause più comuni abbiamo:
Disidratazione:la sudorazione e l’evaporazione sono i due processi che durante lo sport portano il nostro organismo a perdere acqua per regolare la temperatura corporea. Quando il corpo perde acqua però viene diminuita la capacità del sangue di portare i nutrienti a tutte le cellule dell’organismo, come per esempio ossigeno e glucosio ai muscoli che compiono l’esercizio. Di conseguenza se non vengono reintegrati i liquidi persi si è in condizione di disidratazione e si ha una stanchezza muscolare dovuta al mancato apporto di nutrienti. 
Mancanza di energia: l’energia ai muscoli durante un allenamento viene fornita dalle scorte di glicogeno contenute nel muscolo stesso. Quando ci si sottopone ad un intenso esercizio fisico e si esauriscono tali scorte di energia il muscolo prende energia dal glucosio circolante nel sangue. Ma se l’esercizio fisico viene protratto per troppo tempo la quantità di glucosio non sarà più sufficiente a fornire energia ai muscoli che quindi avvertiranno la sensazione di stanchezza. 
Aumento della temperatura: durante l’esercizio fisico la temperatura corporea sale molto al di sopra del valore di 37°C. Grazie al sistema circolatorio il calore in eccesso viene trasportato dai muscoli che lo generano alla pelle che lo dissipa e la temperatura viene mantenuta costante. Tuttavia una continua richiesta energetica da parte dei muscoli può far si che il sistema circolatorio non riesca a dissipare tutto il calore in eccesso, non regolando la temperatura corporea e creando la sensazione di fatica muscolare. 
Stanchezza mentale: anche se la correlazione non è stata ancora ben spiegata, sembra che la stanchezza mentale di un atleta influisca molto sui muscoli e sul raggiungimento della stanchezza muscolare. In particolare lo studio si basa sui livelli di un aminoacido nel cervello, il triptofano, e la stanchezza mentale, minore triptofano è presente, maggiore sarà la stanchezza mentale e di conseguenza anche quella muscolare.
Acido lattico: il muscolo in movimento produce una certa quantità di acido lattico che, non essendo utile per il muscolo, viene inviato al fegato e convertito in glucosio. Quando però l’esercizio fisico è molto intenso, per esempio in coloro che praticano running, e dura molto tempo si accumula troppo acido lattico, tanto che la circolazione sanguigna non riesce a smaltirlo tutto e questo rimane a livello dei muscoli, (anche se per poco)causando una sensazione di stanchezza.(se la stanchezza perdura puo' essere causata dal d.o.m.s.)
Rimedi naturali.
Tra i rimedi naturali la terapia principale è senza dubbio il riposo. Per chi pratica sport sono fondamentali gli esercizi di allungamento muscolare dopo gli esercizi e il riscaldamento prima degli esercizi per evitare il sovraffaticamento dei muscoli. Chi invece ha una stanchezza muscolare dovuta al dover stare troppo tempo nella stessa posizione, per esempio chi lavora al computer, è bene staccare per 10 minuti ogni ora almeno e dedicarsi a qualcosa di diverso come passeggiare, o semplicemente cambiare posizione. 
Tra i rimedi naturali per calmare le infiammazioni e i dolori dovuti a stanchezza muscolari vi è anche l’applicazione del ghiaccio e il MASSAGGIO delle parti coinvolte.
Alimentazione.
La dieta e l’alimentazione giocano un ruolo fondamentale per la prevenzione della stanchezza muscolare. In particolare la dieta deve essere ricca di frutta e verdura che forniscono importanti vitamine come la vitamina B1 che previene la stanchezza muscolare, la vitamina E che è fondamentale per lo sviluppo delle cellule muscolari.

sabato 14 dicembre 2013

Il Massaggiatore,l'atleta,il massaggio pre-post gara nei vari sport


IL MASSAGGIATORE, il massaggio durante la preparazione, il pregara, il post gara E IL MASSAGGIO APPROPRIATO NEI VARI SPORT.........


Perché uno sportivo diventi un atleta, la preparazione fisica è un fattore necessario ma non sufficiente: molto spesso è la dimensione psicologica a fare la differenza. Ogni atleta ha una storia personale fatta di sensibilità, paure e schemi mentali che il preparatore atletico deve conoscere a fondo per spronare lo sportivo nei momenti più difficili e placare. 

Il massaggiatore sportivo deve adempiere a quattro compiti importanti: 

• mantenere in buona forma l’atleta durante la preparazione per prevenire problemi muscolari o articolari; 
• preparare l’atleta prima della gara; 
• contribuire al ripristino della normale funzionalità al termine dello sforzo; 
• intervenire nel caso di traumi, sia sul campo sia in tutte le fasi seguenti. lo stress che si manifesta prima della gara.
Il massaggiatore ha dunque un ruolo privilegiato: durante le sedute ha la possibilità di raccogliere una serie di preziose informazioni sul carattere della persona e lavorare in maniera più mirata per favorire il suo equilibrio psico-fisico. Se non avete una buona preparazione psicologica, ricercate un corretto supporto per affrontare le situazioni che di volta in volta si presentano. 
Il massaggio durante a preparazione atletica 
Ogni muscolo è avvolto da una guaina di tessuto connettivo fibroso (epimisio) che si estende anche al suo interno, avvolgendo le singole fibre (endomisio) e i fasci in cui si raccolgono (perimisio). Questa guaina si estende alle formazioni circostanti (tendini e ossa), ancorando saldamente il muscolo alle strutture che esso sollecita durante la contrazione. Il massaggio profondo consente di lavorare sul tessuto connettivo scongiurando il pericolo di aderenze, segnale di disfunzione, tensione o di vere e proprie patologie muscolari. Nella fase di allenamento, in particolare, aiuta a prevenire l’accumulo di tossine nei muscoli, evitare i crampi, ridurre la fatica muscolare e prevenire stiramenti e contratture. L’ideale è eseguire il massaggio completo lontano dall’allenamento, prestando particolare attenzione ai gruppi muscolari più interessati dal tipo di attività svolta. Non risparmiatevi, lasciate che
massaggio duri almeno un’ora, impastando i muscoli in profondità dopo un adeguato riscaldamento. 
La tecnica dello scollamento deve essere eseguita dapprima sul tessuto connettivale cutaneo, sollevando la cute con i polpastrelli in direzione longitudinale o traversa rispetto al corpo. Potete eseguire questa tecnica senza usare oli o unguenti che facilitano lo scorrimento della mano sulla pelle, se la pelle non è troppo sensibile o irritata. Questo tipo di massaggio provoca una sensazione di trattamento profondo, leggermente doloroso ma molto gradito dagli atleti. Una volta terminata questa prima parte potete usare l’olio e massaggiare i muscoli in profondità, soffermandovi più a lungo nelle zone più tese e rigide. Alternate sempre a queste manovre specifiche movimenti più ampi di sfiora- mento e frizione leggera, per rendere il massaggio più gradevole e rilassante. 
Massaggio prima della gara 
Prima di affrontare una competizione sportiva è fondamentale un’efficace preparazione dei muscoli, con un occhio alla condizione psico-fisica dell’atleta e l’altro alle condizioni climatiche del momento. 
• Se fa freddo proteggete i muscoli più interessati dalla prestazione atletica con tute, maglie e tubolari; 
• prima del riscaldamento, eseguite un breve massaggio praticando frizioni anche con oli o unguenti ad azione riscaldante (per esempio, olio canforato). Il trattamento deve essere breve ed energico: eseguite le frizioni con l’atleta seduto per terra o su una panchina, le gambe piegate e i piedi appoggiati a terra. Questa posizione va bene sia per il massaggio delle gambe sia per la schiena e le spalle; 
• prestate attenzione ai muscoli tesi e contratti: in questo caso le frizioni devono essere meno energiche e accompagnate da impastamenti ampi e leggeri; 
• se l’atleta è troppo teso, eseguite un breve massaggio della volta piantare o frizionate dolcemente la zona lombare e le spalle; non esagerate per non far cadere del tutto la tensione pre-agonistica; 
• se l’atleta è affetto da tendinite, stiramento o contrattura muscolare, eseguite un bendaggio con benda elastica mediamente stretta. 
Il massaggio dopo la gara 
Lo scopo è quello di rilassare e disintossicare i muscoli per eliminare fatica, contratture e crampi. Prima di procedere con il massaggio aspettate il tempo necessario perché le funzioni fisiologiche ritornino alla normalità: 
• dopo una doccia tiepida, eseguite manovre lunghe e lente ed evitate di sottoporre l’organismo a un ulteriore affaticamento; 
• realizzate impastamenti dolci e drenate per favorire la circolazione; 
• fate in modo che l’atleta si rilassi e che scarichi le tensioni residue: al termine dovrà sentirsi rigenerato e non spossato; 
• tenete conto dei fatto che un impegno agonistico prolungato richiede un massaggio di maggiore durata ma con manovre più dolci. 
Massaggio nei vari sport 
I massaggi assicurano importanti benefici allo sportivo, sia dal punto di vista fisico sia da quello psicologico. Di seguito, i gruppi muscolari da trattare con particolare cura e attenzione per le principali specialità sportive. Il massaggio sportivo favorisce l’elasticità, regola il tono muscolare ed evita stiramenti, strappi, contratture e dolori. Inoltre, promuove l’eliminazione delle tossine, favorendo un più veloce recupero dopo la gara, facilita l’irrorazione e l’ossigenazione dei tessuti, mantenendoli sani ed efficienti. Contribuisce alla salute psicologica dell’atleta, aiutandolo a superare la sindrome pre-agonostica, che si manifesta con una reazione psicogena ansiosa nei giorni che precedono la gara. Le controindicazioni sono le stesse che valgono per il massaggio in generale. Prestate comunque le dovute attenzioni e non massaggiate in caso di infiammazione. In presenza di traumi o patologie importanti, consultate il medico e attenetevi alle sue indicazioni. 
Calciatori 
Tutti i muscoli degli arti inferiori, con particolare riguardo a tricipite surale, quadricipite, ischio-crurali, estensori del dorso e muscoli del collo. Dopo la gara, il massaggio deve avere una durata superiore a quello di preparazione e deve essere fatto dopo la doccia; al termine bisogna rimanere distesi per almeno mezz’ora, ben coperti. 
                                                                          Canottieri 
I muscoli del collo, del cingolo scapolare e del braccio, estensori del rachide, addominali, quadricipite, tricipite e surali. Dopo la gara, al termine di una buona doccia calda, il massaggio dovrà interessare gli stessi muscoli, ma soprattutto quelli del dorso. 
Cestisti 
Tutti i muscoli, in particolare quelli dell’avambraccio, della spalla e del polpaccio; massaggio digitale alle mani. 
Ciclisti 
Muscoli del dorso, quadricipite, tricipite, tibiali e peronieri; anche la muscolatura lombare deve essere accuratamente massaggiata. Dopo la gara trattate anche gli arti superiori. 
Fondisti 
Soprattutto estensori del rachide e glutei. 
Lanciatori Cingolo scapolo-omerale, grande dorsale e grande rotondo; per i lanciatori di giavellotto anche gli arti interiori. 
Nuotatori 
Massaggio generale ma portato in forma leggera per non creare problemi al tipo di lavoro e al movimento, che in genere è morbido e ritmico. 
Pesisti 
Tutti i muscoli del corpo, in particolare quelli di braccio, avambraccio, cingolo scapolare e dorso. 
Pugili 
Avambraccio, braccio, deltoide, cingolo scapolo omerale estensori del rachide, addominali, tricipite surale e tendine d’Achille. 
Saltatori 
Tendine d’Achille, tricipite surale, quadricipite, glutei e, in minor misura, i muscoli del dorso. È consigliato il massaggio delle articolazioni dei piedi, seguito da blanda mobilizzazione passiva e attiva. 
Sciatori 
Dopo il riscaldamento, passate al massaggio generale, soprattutto di polpaccio, dorso, avambraccio e spalle. A fine gara anche mani e arti superiori, specie nei fondisti.. 
Velocisti 
Oltre a pianta e dita dei piedi, tendine d’Achille, tricipite surale, ischio-crurali, estensori del rachide; è bene massaggiare, sia pure in tono minore, anche i deltoidi. 

mercoledì 11 dicembre 2013

MASSAGGIO DECONTRATTURANTE: per tutti !!!


IL MASSAGGIO DECONTRATTURANTE: PER TUTTI!!!!!!!

Il massaggio decontratturante è un trattamento che nasce come terapeutico, per la cura delle contratture muscolari. Originariamente quindi era utilizzato soprattutto in caso di disturbi, o in ambiti particolari come quello sportivo visto che i muscoli degli atleti spesso sono messi sotto sforzo. Nel nostro percorso proveremo a scoprire di cosa si tratta, come viene effettuato, le tecniche per praticarlo, in quali zone del corpo è più efficace, ed i suoi benefici. Analizzeremo i casi in cui questo trattamento viene utilizzato a scopo terapeutico, molto efficace ad esempio come rimedio per la cervicalgia, e il perchè sono sempre di più coloro che scelgono di sottoporvisi a scopo preventivo o anche solo per piacere. Vedremo i costi e i luoghi in cui praticarlo e scopriremo inoltre come diventare un massaggiatore decontratturante.
IL MASSAGGIO DECONTRATTURANTE E' PER TUTTI!!!!!!!
Il massaggio decontratturante è un trattamento generalmente localizzato ad una specifica parte del corpo: arti inferiori, schiena o zona lombare, oggetto della contrattura. Spesso infatti può capitare che i muscoli, soprattutto se sottoposti a sforzi intensi, siano colpiti da questo aumento involontario del tono muscolare che può provocare fastidi e dolori per un periodo che varia dai 3 ai 20 giorni circa.
Questo tipo di massaggio è appannaggio quasi giornaliero di coloro che praticano attività sportive a livello agonistico, non è un caso infatti che le squadre di calcio, di basket, ecc.. abbiano nel loro team uno o più massaggiatori.
Oltre che da uno sforzo intenso le contratture muscolari possono essere provocate anche da atteggiamenti posturali sbagliati ripetuti nel tempo, o da movimenti sbagliati. La funzione del massaggio decontratturante è proprio quella di cercare di riportare il tono muscolare al suo livello normale, sciogliendo la contrattura attraverso pressioni e sfregamenti praticati con le mani nella zona interessata.
Il massaggio non è solo una terapia. E' utile anche per eliminare lo stress e le tensioni.
A cosa serve e benefici.
La pratica del massaggio è finalizzata allo scioglimento della contrattura, perché attraverso il massaggio e la stimolazione della zona interessata, si riattivano molti centri nervosi e quindi si può notare anche dopo una sola seduta un notevole miglioramento mentre una totale guarigione si ha alla fine del trattamento. Per gli stessi motivi spesso viene usato a titolo preventivo per evitare contratture e per finalità estetiche per mantenere un buon tono muscolare. Va inoltre sottolineato che i massaggi non hanno solo un’azione positiva a livello muscolare, ma i benefici si riscontrano sia a livello circolatorio, infatti abbiamo un miglioramento dell’apporto di ossigeno in tutto il corpo e i nei tessuti cutanei, sia a livello cutaneo grazie all’eliminazione di tossine e di liquidi in eccesso. Non va dimenticato infine l’effetto scrub del trattamento che porta a una rigenerazione de tessuti.
Il massaggio si basa su tre elementi principali:
Pressione delle mani sul corpo della persona interessata, si lavora sullo scioglimento e rilassamento del muscolo.
Colpetti localizzati, che per via riflessa sciolgono i muscoli.
L’utilizzo di oli specifici creati appositamente per questo tipo di trattamento. Il loro principio attivo si basa sulla vitamina E che fa da energizzante poi grazie all’effetto di alcuni oli essenziali come quello di camomilla e aloe si ha un effetto rilassante.
Zone interessate.
Il massaggio decontratturante interessa alcune aree, vediamo come quali sono e come vengono trattate.
Collo e spalle:
si procede con una pressione che parte dal collo e scende alle spalle, si continua interessandosi prima ad un lato e poi all’altro, e si procede con dei colpetti per riattivare il tessuto connettivale. Migliora le contratture causate da una cattiva postura – spesso quella che si assume davanti ad un pc.
Schiena:
è la zona, il cui dolore interessa un gran numero di persone. I dolori si accumulano principalmente sul muscolo detto trapezio che dal collo scende alla schiena e sulla fascia lombare. Si agisce con un massaggio partendo dall’alto, si inizia con uno sfioramento per attivare la circolazione e poi si imprime con le mani disposte su entrambe- pollici rivolti alla colonna vertebrale- una pressione facendole scivolare fino alla fascia lombare. In un secondo momento si agisce sui singoli lati con delle pizzicate che sciolgono i muscoli.
Gambe e polpacci:
si esegue come quello per la schiena; si inizia con degli sfioramenti e poi si procede con una pressione iniziando dal basso fino ad arrivare all’interno coscia. Per una questione di struttura si preferisce agire con movimenti più dolci nella parte interna della gamba, mentre con movimenti decisi nella parte esterna perché i muscoli sono più larghi e più adatti a sopportare questi movimenti. Per i cardiopatici o per i chi soffre di vene varicose, si preferisce evitare questo tipo di trattamento.
Patologie per cui viene usato il massaggio decontratturante.
Come abbiamo già detto in precedenza il massaggio decontratturante serve principalmente a ridurre contratture e tensioni muscolari. Ma queste non sono le uniche patologie in cui viene usato come trattamento risolutivo:
Rigidità: i muscoli hanno perso la loro elasticità, questo determina una difficoltà nei movimenti.
Blocco articolare: le articolazioni non rispondono più a dovere.
Pesantezza: localizzata nello stomaco, quindi digestione più lenta.
Ansia: stato di malessere generale causato dall’angoscia.
Il massaggio in questi casi, agisce non solo come distensore della contrattura stessa, ma anche perchè riattiva la circolazione sanguigna che a sua volta apportando più ossigeno a tutto il corpo e in particolar modo ai tessuti, porterà ad un miglioramento generale.
La cervicalgia.
La cervicalgia è una patologia che interessa la cervicale, provocando dolore sia alla zona stessa che ad altre zone collegate a questa. Per un corretto trattamento è necessario una buona diagnosi. Le distensore si dividono in tre gruppi: cervico-cefalica che provoca vertigini, cefalea, disturbi alla vista e all’udito; poi c’è la sindrome cervico-brachiale che interessa collo, braccio e mano e infine abbiamo la cervicalgia vera quella che provoca disturbi a tutta la regione cervicale.
Analizzata la situazione di ogni singolo caso, si procede con la cura.
Molti medici prescrivono i massaggi decontratturanti, per tutti e tre i tipi di diagnosi perché agiscono inizialmente in modo lieve rilassando la zona interessata, poi in un secondo momento procedono con una fase che va più in profondità fino a sciogliere la contrattura. È un ottimo rimedio perché oltre al rilassamento e allo scioglimento della contrattura si ha anche una buona ripresa del tono muscolare.

martedì 10 dicembre 2013

Elevatore fascia lata,fascia lata e.... B.i.t.

MUSCOLO TENSORE, FASCIA LATA E... B.I.T.

Il muscolo tensore della fascia lata è un muscolo fusiforme situato nella regione antero-laterale della coscia. Origina dall'estremità anteriore del labbro esterno della cresta iliaca, dalla spina iliaca anteriore superiore (e dalla incisura sottostante) e dalla faccia superficiale del muscolo medio gluteo.Si inserisce al condilo laterale della tibia con un tendine che all'unione del terzo superiore con il terzo medio della coscia si fonde con la fascia femorale formando il tratto ileotibiale.Con la sua azione tende la fascia lata e abduce la coscia. Essendo un muscolo biarticolare ha anche una debole azione estensoria della gamba sulla cosia. Contribuisce a mantenere il valgismo fisiologico del ginocchio e una sua lesione o debolezza può comportare la comparsa di varismo.E' innervato dal nervo gluteo superiore L4-S1

Troppo spesso, quando vi e' dolore in prossimita' di una articolazione, si assume che la causa del problema sia esclusivamente di natura infiammatoria o degenerativa. Cosi' facendo pero' si trascura quella che l'esperienza ci dimostra essere la vera causa di molte sindromi dolorose, cioe' la causa miofasciale da Punti Trigger.

Cio' e' particolarmente vero nel caso di condizioni dolorose dell'anca che vengono quasi sempre attribuite a degenerazione dell'articolazione oppure a borsite, senza prima esplorare la possibile causa e soluzione miofasciale.

In questo caso, il responsabile primario potrebbe invece essere il Tensore della Fascia Lata. Anche quando vi e' effettiva degenerazione della cartilagine, il dolore concomitante puo' essere spesso ridotto trattando i Punti Trigger del Tensore.

Di frequente poi, il dolore inizia o peggiora a seguito di una particolare attivita' o trauma fisico.

Il muscolo prende il suo nome dal fatto che mette in tensione la Fascia Lata e il suo forte tendine centrale (il tendine Iliotibiale) che terminano in prossimita' del ginocchio e alla estremita' superiore della Tibia.

Le funzioni del muscolo sono essenzialmente quelle di flessione dell'anca e del ginocchio, di stabilizzazione nella deambulazione, e di abduzione e inversione dell'anca.

Il muscolo viene sovraccaricato nella corsa e nelle lunghe camminate specialmente in salita o su piano obliquo come quando p.es. si corre sul ciglio della strada, oppure in attivita' che comportano ripetuta flessione dell'anca come le arti marziali, la danza e la ginnastica.

Il dolore riferito e' avvertito principalmente al livello della articolazione dell'anca e del Trocantere Maggiore

Un esercizio di stretching adatto consiste nel mettersi supini e nell'incrociare le ginocchia con la gamba da trattare inferiormente. Si usera' quindi la gamba opposta per esercitare pressione adducendo la gamba da trattare (cioe' tirando la gamba da trattare dal lato opposto del corpo) in modo ma mettere in tensione il muscolo.

E' poi opportuno evitare fattori perpetuanti quali dormire o sedere con le ginocchia vicine al petto, correre su superfici oblique, correre con scarpe consumate ai lati, ripetere in maniera eccessiva e violenta senza opportuno riscaldamento e stretching, movimenti di sollevamento del ginocchio in avanti o diagonalmente (p.es. calci frontali nelle arti marziali).

SINDROME DELLA BANDELLETTA ILEOTIBIALE

Nessuno più dei trailrunners o degli ultratrailrs o dei runners sa cosa vuol dire correre con il dolore. L’attività è così intensa che l’acciacco è all’ordine del giorno. È difficile percorrere distanze importanti su terreni insidiosi senza avere sensazioni dolorose che ci accampognano. E’ la quantità enorme di benendorfine ( endorfine endocrine ) prodotte dal nostro corpo sottoposto a carichi allenanti notevoli che ci consente di avere una soglia di sopportazione del dolore molto alta, nel bene e nel male. Nel bene perché ciò ci consente di continuare a svolgere allenamenti e gare anche in presenza di dolore. Nel male perché non siamo più in grado di dare la corretta importanza a quel segnale di avvertimento che è, per l’appunto, il dolore stesso. Se arriviamo a questo punto il rischio di lesioni anche gravi si fa più consistente. Quindi il runner attento deve sapere quando fermarsi, facendo propri gli insegnamenti che porta con se l’esperienza e agendo con il buon senso. Una delle patologie che per essere superata con successo richiede buon senso e soprattutto molta pazienza è la sindrome della bandelletta ilio tibiale.

UNA QUESTIONE DI TENDINI

La bandelletta è la fascia tendinea che nasce dai passaggio muscolo tendinei del grande gluteo e del tensore della fascia lata. I due muscoli, hanno inserzioni prossimali diverse ( il grande gluteo posteriormente e il tensore latero-anteriormente sul bacino), ma convergono verso la parte laterale della coscia fondendosi nella bandelletta ileotibiale, un grande tendine che va ad inserirsi in basso sulla faccia esterna della tuberosità tibiale ( Tubercolo del Gerdy ). La bandelletta ileo tibiale nasce in realtà ancora più in alto: infatti ha una sua continuazione verso l’alto con una porzione tendinea che va ad inserirsi sul bordo esterno della cresta iliaca, la bandelletta ileo femorale o di Maissiat. Questo aspetto anatomico è di grande interesse poiché spiega l’importanza di questo articolato sistema. Anticipiamo che la bandelletta ileo tibiale è sottoposta ha notevoli azioni muscolari e carichi meccanici.

FUNZIONE

Nella statica in piedi, nel cammino e di più ancora nella corsa, l’azione del grande gluteo e del tensore è praticamente continua. In particolare nell’appoggio monopodalico ( su un piede solo ) il tensore della fascia lata è assoluto protagonista della stabilità del bacino, poiché evita che il bacino “cada” dalla parte del piede sollevato da terra. Questa azione è fondamentale ogni volta che durante la corsa si ha una fase di appoggio, cioè sempre. Tanto più la corsa crea un carico importante in appoggio ( pensiamo ad una discesa da sentiero che preveda balzi e salti su un piede solo, ma anche una discesa asfaltata ) tanto più intensa è l’attività del tensore della fascia lata. La forza esercitata dalla sua contrazione si trasferisce sul tendine, quindi sulla bandelletta ileo tibiale e quindi per ultimo, sul “povero tubercolo” femorale del Gerdy.

Allo stesso modo il grande gluteo, che non va dimenticato è il muscolo più forte del corpo umano, partecipa alla statica ed è un potente estensore della coscia verso dietro. Anche la sua contrazione si trasferisce sulla bandelletta.

E’ evidente che il tendine o più precisamente la fascia apeneurotica della bandelletta è sottoposta a tensioni notevoli.

E la sua inserzione sotto il ginocchio, fa si che concorra anche a rendere stabile la componente antero laterale del ginocchio.

INFIAMMAZIONE

I sovraccarichi sulla componente tendinea della bandelletta ileo tibiale si possono trasformare in infiammazione. Ed è più frequente l’apparizione del dolore a livello dell’inserzione distale, cioè sulla parte esterna del ginocchio.

Infatti alcuni autori (Nishimura, 1997; Fairclough, 2006) ritengono che il processo infiammatorio sia relativo al tessuto molto innervato e vascolarizzato che separa la bandelletta ileo tibiale dall’epicondilo femorale laterale.

La patologia si presenta con un dolore generalmente continuo, ma non acuto, sulla faccia laterale del ginocchio; il dolore si accentua quando il ginocchio supera i 30 gradi in flessione. La dolenzia si sviluppa di solito dopo un determinato periodo di tempo dall'inizio dell'allenamento e tende a ridursi con il riposo. La diagnosi si basa sull'esame obbiettivo che mette in evidenza dolori alla palpazione nella zona esterna tibiale del ginocchio.

COSA SUCCEDE ORA?

L'infiammazione provoca un dolore continuo, ma non molto acuto sulla parte esterna del ginocchio. Ciò “illude” l'atleta che non si tratti di cosa grave ed quindi è spesso portato a continuare gli allenamenti, magari riducendoli quantitativamente. È il secondo errore, poiché continuare l’attività è l’inizio dell’aggravamento della patologia. In pratica, sintomatologia insorge in maniera molto subdola: all’inizio si manifesta in maniera sorda dopo pochi minuti,poi sembra attenuarsi con il passare dei km, ma alla fine aumenta di nuovo fino a condizionare la dinamica della corsa al termine della seduta. Normalmente il dolore è nella zona laterale del ginocchio e si accentua con la digitopressione a ginocchio flesso sul condilo laterale del femore.

Il periodo di stop consigliato è di 20 giorni con autoterapie a partire dal ghiaccio. MASSAGGIO PROFONDO SULL'ELEVATORE DELLA FASCIA LATA PUÒ ESSERE DI AIUTO PER UNA RAPIDA RIPRESA!

IN SINTESI

 La sindrome della bandelletta ileo tibiale è una infiammazione tendinea

 La causa dell’infiammazione è il sovraccarico con alcuni fattori predisponenti

o Corsa prolungata

o Corsa su terreni accidentati

o Corsa su piani inclinati

o Meccanica corporea ( varismo del ginocchio, angolo della testa del femore, ecc ... )

o Cinetica della corsa non efficace

o Postura statica e dinamica alterate

 Ai primi segnali rivolgersi ad uno specialista per una diagnosi

 Non insistere nella corsa se il problema dura da più di 15 – 20 giorni

 Fermarsi per 20 giorni, magari dedicandovi ad allenamenti alternativi

 Aver pazienza poiché il problema si risolve con il riposo.

domenica 8 dicembre 2013

La Sindrome del Piriforme

Dopo i continui stop di molti podisti, i quali sono costretti a fermarsi per diverso tempo compromettendo la preparazione atletica, o comunque costretti a correre con tensioni muscolari insistenti che limitano la loro corsa e quindi le loro prestazioni, ho pensato di presentare questo articolo su "La sindrome del piriforme"! 
Vedremo di seguito alcuni aspetti anatomici di questo muscolo, quali sono i sintomi che possono presentarsi in questa patologia, come poter risolvere il problema e soprattutto cosa possiamo fare per evitare che tutto ciò accada.

La Sindrome del Piriforme, 
molte volte potrebbe essere una concausa del dolore al nervo sciatico, tutto ciò in quanto a volte si verifica il classico dolore irradiato all'arto inferiore e al gluteo.
Tenendo presente ed escludendo con esami radiologici la compressione radicolare del nucleo polposo del disco intervertebrale, la compressione delle strutture nervose, diventa a quel punto indispensabile indagare il muscolo piriforme del lato dolente,per verificarne eventuale suo intervento nel acuirsi del dolore al nervo sciatico e quindi al gluteo e per tutto l'arto inferiore.
Il dolore sciatalgico, come abbiamo menzionato può anche essere causato talora dal muscolo piriforme che con l'allenamento o posture viziate diventa così rigido e ipertrofico da comprimere il nervo sciatico, scatenando dolori alla regione glutea (precisamente al centro del muscolo grande gluteo o laterale) e alla porzione posteriore dell'arto inferiore a volte associata a una mancanza di sensibilità dell'arto inferiore fino a coinvolgere il piede. Le statistiche evidenziano che la "sindrome del piriforme" colpisce in maggior misura il sesso femminile, e chi pratica ginnastica e la corsa. 


Per avere le idee più chiare vediamo la biomeccanica funzionale del muscolo piriforme e alcuni aspetti fondamenti inerenti all'anatomia funzionale del muscolo stesso. Il muscolo piriforme è generalmente costituito da tre o più ventri muscolari che originano dalla faccia anteriore del sacro tra il primo e il quarto forame sacrale, passando dal grande forame ischiatico e, s'inseriscono con un tendine comune sulla faccia superiore del gran trocantere. Da questo stretto rapporto del piriforme con il nervo sciatico si può evincere come esso possa essere coinvolto nel dolore dello stesso nervo sciatico, dovuto al suo stretto rapporto anatomico con il decorso del nervo sciatico. Tutto ciò fa si che nel momento in cui si verifica una sofferenza del muscolo piriforme (contrattura, ipertrofia, poca elasticità) può comprimere il nervo sciatico contro l'osso ischiatico o comprimere il nervo sciatico all'interno del ventre muscolare

Dal punto di vista funzionale il muscolo piriforme può essere considerato extrarotatore del femore ad arto non sottoposto a carico, quando l'anca è in posizione neutra e abduttore quando è flessa a 90°. Quando l'anca è sottoposta al carico funzionale, il piriforme interviene come muscolo stabilizzatore, frenando la rotazione interna del femore nella fase d'appoggio durante il cammino o nella corsa. Quando l'azione del muscolo prende punto fisso sul femore, ruota l'articolazione sacro iliaca portando in avanti la base del sacro e indietro l'apice. Dalla sua azione di stabilizzatore si capisce come durante la corsa e il cammino venga messo notevolmente in tensione e il suo eccessivo utilizzato (carichi eccessivi + poco stretching + vizi posturali quotidiani) può portare a un ispessimento e contrattura del muscolo stesso.

La sindrome del piriforme può essere causata da :
Malattie infiammatorie della pelvi;
Da traumi diretti al piriforme;
Da microtraumi ripetuti alla regione glutea causati da malposizioni funzionali delle anche, che possono comportare l'insorgenza di fibrosi muscolari. Il muscolo dolorante aumenta di volume (ipertrofia), e il forame ischiatico diventa più stretto, portando così ad una compressione delle fibre nervose che decorrono con il muscolo nello stesso.
SINTOMATOLOGIA SINDROME DEL PIRIFORME
La sindrome del piriforme può provocare :
disturbi circolatori prevalentemente arti inferiori;
disturbi neurologici e funzionali, con conseguente parestesia dell'arto coinvolto
disfunzioni pelviche e lombari
rigonfiamento esteso dal sacro al gran trocantere (parte esterna della anca);
dolore e/o parestesie al tratto lombare, regione glutea, porzione posteriore della coscia e della gamba, pianta del piede, nonché deficit motori
Frequentemente tali sintomi si presentano in forma più acuta dopo un lungo periodo in posizione seduta, infatti in diverse occasioni ci sono stati podisti che mi hanno confermato una maggiore tensione e incidenza nel momento in cui rimanevano diverso tempo seduti in macchina o dinnanzi al computer. Questi sintomi possono anche presentarsi dopo lo svolgimento di attività sportive abbastanza prolungate e intense. 

DIAGNOSI SINDROME DEL PIRIFORME
La diagnosi della Sindrome del Piriforme si effettua semplicemente con un esame clinico, basta un osservazione del paziente e l'esecuzione di alcuni test clinici, come la rotazione esterna del femore e quindi del piede in extrarotazione, visibile quando il paziente in posizione supina (spalle poggiate sul tappetino), può essere un segno di tensione meccanica a carico del piriforme o di altri rotatori esterni dell'anca. La palpazione del muscolo si presenta sempre dolorosa, in particolar modo il tendine vicino alla testa del trocantere. A volte è difficoltoso trovare una posizione che concorra ad alleviare il dolore, in particolare il movimento del sedersi o dell'accovacciarsi può aumentare la sintomatologia, poiché per far ciò bisogna extraruotare l'anca e flettere il ginocchio. 
TEST CLINICI
La palpazione della natica sofferente permette di valutare la presenza di gonfiore, la tensione del ventre muscolare del piriforme, per analizzare il tutto la posizione più indicata prevede il soggetto sdraiato sul fianco controlaterale, con il femore interessato flesso e addotto, in modo da stirare il piriforme. In questo modo sarà possibile individuare l'esatta localizzazione del piriforme del gran trocantere all'estremità sacro-iliaca del grande forame ischiatico.

TRATTAMENTI
Una volta che abbiamo verificato le cause, abbiamo svolto tutti gli esami clinici del caso, abbiamo verificato che si tratti della sindrome del piriforme con eventuale interessamento del nervo sciatico , dobbiamo ricorrere ai ripari il prima possibile per evitare di continuare a correre sul dolore e complicare la situazione. Le tecniche a disposizione sono diverse per poter intervenire e in tal senso possiamo avere 3 fasi di trattamento:
prima fase per poter inibire la contrattura del muscolo (MASSAGGIO DELLA NATICA e di tutta la catena posteriore)
seconda fase si procede con esercizi di allungamento e mobilità articolare;
terza fase ove si procede con il recupero funzionale.

Una tecnica descritta da Travell considerata la più efficace per l'inibizione del muscolo è la compressione ischemica, che consiste in una pressione esercitata sulla zona dolente del muscolo piriforme, molto più facilmente con il gomito, abbastanza intensificata e prolungata.

La compressione e il dosaggio di questa tecnica deve essere valutato in base alla sopportazione del dolore percepito dal paziente.

Oltre a questa tecnica di compressione ischemica , nella prima fase del trattamento si possono inserire anche massaggi decontratturanti per decomprimere e rilassare la muscolatura interessata.

I massaggi insieme a manovre di frizione energica possono essere utili, per scrollare le cicatrici che si possono formare parallelamente alle fibre muscolari in seguito ad continui microtraumi ricevuti durante la corsa. L'eliminazione di queste aderenze fa si che il muscolo ritrovi una normale meccanica del tessuto connettivo e favorisce il ritorno di un normale flusso ematico e quindi del buon funzionamento dell'arto inferiore.

LO STRETCHING UTILE PER LA SINDROME DEL PIRIFORME
Come ben sappiamo lo svolgimento della pratica regolare e costante post allenamento dello stretching porta a notevoli benefici per il nostro organismo , accelerando il recupero post allenamento, migliorando l'elasticità, quindi la funzionalità dei muscoli interessati. 


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venerdì 6 dicembre 2013

Stretching pregara......DA EVITARE!!!!!!!

LO STRETCHING PRIMA DELLA GARA...... da evitare!!!!!!!

E' noto a tutti che lo stretching corretto è uno dei fondamentali più importanti nello sport. Esercizi mirati che richiamano una leggera tensione della muscolatura, di natura dinamica o statica (almeno 30 sec.) , migliorano l’agilità e permettono di evitare possibili infortuni.

Vogliamo però anche sollevare la questione se l’allungamento non possa avere anche un fattore di limitazione della prestazione.

Perche' lo stretching prima della gara rende lenti?

Poiché uno stato di tensione ottimale del corpo deve essere raggiunto prima della gara sia a livello psichico sia a quello fisico, lo stretching superiore a 20 secondi è controproducente. Il lavoro della muscolatura alla massima velocità e il forte carico muscolare sono un elemento fondamentale nella maggior parte degli sport per poter affrontare una gara con successo. Se si allunga la muscolatura troppo a lungo si arriva ad una caduta del tono muscolare, il che rende il muscolo più lento e aumenta sensibilmente il pericolo di infortuni. Inoltre diversi esperimenti e ricerche hanno dimostrato che un allungamento troppo intenso sovraccarica il muscolo. La conseguenza può così essere un indolenzimento nelle zone del corpo sottoposte all’allungamento.Aumenta l’affaticamento del muscolo. L’allungamento è, da un punto di vista biomeccanico, assimilabile ad una contrazione di tipo eccentrico che è quella più traumatica per il muscolo. Eseguire esercizi di questa natura prima della gara/allenamento espone al rischio di danni alla struttura muscolare (soprattutto alla titina) e all’affaticamento precoce del muscolo stesso per formazione di lattato già durante lo stretching (l’esercizio eccentrico si svolge in anossia).Un eccessivo allungamento di alcuni muscoli rispetto ad altri rischia di pregiudicare la coordinazione tra i vari gruppi muscolari (sinergici, agonisti e antagonisti)

In sintesi, i motivi del NO allo stretching pre gare

Riduce la possibilità di formare ponti acto-miosinici (meno forza)

Riduce la stiffness muscolo-tendinea (meno energia elastica restituita, cioè meno forza)

Sposta in avanti l’evocazione del riflesso da stiramento (contrazione meno efficace)

Riorienta le fibre di collagene del tendine che si dispongono meno obliquamente (fenomeno detto “creeping”) e riduce la loro risposta elastica (meno forza). Ricordo che il tendine é il primo attore nell’accumulo e restituzione di energia elastica durante il ciclo allungamento-accorciamento dell’unità muscolo-tendinea

Espone maggiormente agli infortuni perché aumenta la “tolleranza allo stiramento” del muscolo che viene così spinto dall’atleta verso ampiezze estreme senza avvertire dolore (altri studi non denunciano solamente un’uguale esposizione infortunistica rispetto a chi pratica lo stretching pre-gara)

Aumenta l’affaticamento del muscolo. L’allungamento è, da un punto di vista biomeccanico, assimilabile ad una contrazione di tipo eccentrico che è quella più traumatica per il muscolo. Eseguire esercizi di questa natura prima della gara/allenamento espone al rischio di danni alla struttura muscolare (soprattutto alla titina) e all’affaticamento precoce del muscolo stesso per formazione di lattato già durante lo stretching (l’esercizio eccentrico si svolge in anossia).

Un eccessivo allungamento di alcuni muscoli rispetto ad altri rischia di pregiudicare la coordinazione tra i vari gruppi muscolari (sinergici, agonisti e antagonisti)

Quando fare stretching?

Il riscaldamento da solo provvede a tutte le esigenze di un muscolo che deve contrarsi con grande rapidità ed esplosività: il riscaldamento aumenta la temperatura fino a quella ideale (39° C) “alla quale il muscolo ottimizza le proprie caratteristiche visco-elastiche. A questa temperatura diminuisce infatti la viscosità dei tessuti, migliora l’elasticità dei tendini, aumenta la velocità di conduzione nervosa e si modifica positivamente l’attività enzimatica, inoltre l’innalzamento della temperatura muscolare costituisce un’efficace misura preventiva nei confronti degli infortuni riducendo i rischi di stiramento o strappo muscolare”.

Alcuni studi dimostrerebbero addirittura un effetto negativo dello stretching sull’aumento di temperatura durante il riscaldamento.

No allo stretching nel riscaldamento di sport di forza, potenza, esplosività, reattività e resistenza: si registrerebbe un calo della performance (meno ponti acto-miosinici, meno stiffness musolo-tendinea e un resettamento verso l’alto dell’utilissimo riflesso da stiramento)

No allo stretching nel riscaldamento in generale per prevenire gli infortuni: nessuna differenza tra chi fa e chi non fa stretching prima della gara/allenamento

No allo stretching al termine dell’allenamento per ridurre gli indolenzimenti muscolari del giorno dopo (DOMS = delayed onset muscle soreness)

Sì allo stretching nel riscaldamento per quelle discipline che in gara richiedono grande mobilità e flessibilità Sì allo stretching “balistico” e “dinamico”: entrambi fatti da slanci e molleggi, ma più controllati, meno veloci e senza “rimbalzo” nello stretching dinamico.

Sì allo stretching dopo l’allenamento, efficace per prevenire infortuni senza incidere sui guadagni di forza o di potenza

Per sgombrare il campo da un malinteso fin troppo ricorrente si ricordi qui una citazione di Wiemann : "Bisogna arrivare alla conclusione, che l’allungamento statico intensivo nella fase di riscaldamento ottiene esattamente l’effetto contrario di ciò che si spera solitamente: anziché un aumento della prestazione e una profilassi degli infortuni piuttosto una diminuzione della prestazione e aumento del rischio di infortunio."

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